Phalaenopsis

La Phalaenopsis è un’orchidea originaria delle regioni dell’India, dell’Indonesia, dell’Australia e delle Filippine.

Essa è caratterizzata dalla presenza di 2/ 6 foglie verdi e grandi, in grado di raggiungere una lunghezza massima di circa 50 centimetri. Le radici sono molto ramificate, grosse e diventano argentate quando la pianta necessita di annaffiature.

Le infiorescenze sono formate da sepali più piccoli rispetto ai petali e, la loro parte centrale è costituita da un labello con lobi curvi che tendono verso la parte interna di ogni fiore. Uno tra i tanti consigli per avere cura della Phalaenopsis è quello di tenere sotto controllo le temperature e la luce.

Quest’orchidea deve essere sistemata in un ambiente in cui la temperatura si aggira attorno ai 16 °C e i 32 °C circa. Ha bisogno di molta luce ma, essa non deve colpire direttamente la pianta.


Anche la disposizione è un fattore indispensabile per la cura della Phalaenopsis.

Questa pianta deve essere posizionata in un davanzale sito a nord-est o a sud-ovest. Se le foglie tendono a diventare gialle, significa che la pianta è esposta a troppa luce mentre, se le gemme tendono a cadere, significa che l’orchidea ha bisogno di più luce.

Anche l’annaffiatura deve seguire una pratica precisa, indispensabile per la cura della Phalaenopsis. In primo luogo occorre utilizzare dell’acqua a bassa acidità, è conveniente utilizzare l’acqua piovana.

Annaffiare all’inizio della giornata, posizionando l’acqua all’interno di un contenitore e immergere il vaso dell’orchidea, poi toglierla e annaffiarla almeno sette giorni dopo. È una pianta che adora l’umidità, infatti, può essere messa in serra, in luoghi umidi come il bagno o la cucina.


Il tipo di terreno è una caratteristica fondamentale per la cura della Phalaenopsis. È conveniente acquistare un terriccio specifico per orchidee, caratterizzato da una conformazione leggera, drenata ma allo stesso tempo in grado di mantenere un certo livello di umidità.

Anche la fertilizzazione è un punto fondamentale visto che il terriccio nel quale l’orchidea affonda le sue radici, è povero di sali minerali.

Durante la messa a dimora della Phalaenopsis, è conveniente miscelare al terriccio delle scaglie di pino, o simili, in modo tale da aumentarne il drenaggio dell'acqua.

Da marzo a ottobre e, almeno due volte al mese, occorre miscelare all’acqua delle annaffiature del fertilizzante specifico per orchidee. In questo modo, l’apporto delle sostanze nutritive permette alla pianta di crescere rigogliosa e in salute.

Se la cura della Phalaenopsis procede nel migliore dei modi, può accadere che la pianta fiorisca più volte in un anno. A questo proposito, la seconda fioritura è agevolata dal taglio dello stello presente sopra il secondo occhio.

La conta deve sempre partire dal basso e bisogna ricordare che le forbici usate per recidere, devono essere ben sterilizzate, in modo tale da non infettare la pianta. Talvolta è possibile osservare lo sviluppo di nuove radici esterne al vaso.

Questo è sintomo che l’esemplare si trova bene in quell’ambiente e non bisogna mai cercare di disporre le radici all’interno del vaso perché, esse possono andare incontro a danneggiamenti e rotture.

La cura della Phalaenopsis non si completa con il seguire questi semplici accorgimenti, occorre eseguire pratiche di prevenzione verso attacchi di parassiti o l’insorgere di malattie dannose per tutta la sua struttura.

Le orchidee phalaenopsis sono le più conosciute e diffuse nelle abitazioni: si fanno apprezzare per la bellezza dei fiori, dall’aspetto esotico, disponibili in un’ampissima gamma di colori.. Il vero punto di forza di queste piante è però la facilità di coltivazione: con pochi accorgimenti riescono a vivere e tornare a fiorire, dando grandi soddisfazioni anche al neofita

Per garantire un ottimo sviluppo vegetativo e fioriture ripetute e abbondanti è importante cercare di riprodurre un ambiente il più possibile simile a quello di provenienza: foreste pluviali dell’Asia, Oceano Pacifico e Indiano. Necessitano di illuminazione estremamente intensa, ma non diretta, temperature e umidità ambientale elevate e quasi costanti in ogni periodo dell’anno.

Queste condizioni non sono difficili da riprodurre negli appartamenti cittadini, specialmente in camere ben esposte e costantemente riscaldate


Per l’esposizione sono da preferire le stanze dotate di finestre esposte a Sud o ad Est e quindi illuminate per buona parte della giornata. Teniamo presente che la luce diretta, specialmente quella estiva (e concentrata dai vetri) può essere deleteria e comportare la comparsa di scottature sulla lamina fogliare.

È quindi raccomandabile, da maggio in avanti, schermare il sole tramite delle tende leggere di colore chiaro.

Chi dispone di un giardino, una veranda o un terrazzo può decidere di spostare i vasi all’esterno, ombreggiando leggermente con teli appositi (o ponendoli sotto l’ombra di pergolati o alberi a foglia caduca).

Da ottobre in avanti, specie nelle regioni settentrionali, è invece bene evitare ogni tipo di copertura e possiamo esporre le phal anche alla luce diretta (che difficilmente sarà così intensa da danneggiarle).

Le phalaenopsis sono sensibili alle basse temperature, ma di solito non hanno problemi a sopravvivere se, durante il periodo invernale, sono tenute negli ambienti abitati ( o anche in quelli poco riscaldati).

Ricordiamoci che i primi danni si possono verificare quando si scende sotto i 10°C, in particolar modo se sono presenti correnti o si sono verificati forti sbalzi termici.

Da marzo a novembre si ha una crescita ottimale mantenendo, durante le ore diurne, temperature da 25 a 28°C. In questo periodo gradiscono particolarmente le escursioni termiche tra giorno e notte: la sera cerchiamo di garantire un ambiente più fresco, intorno ai 18-20°C.

In estate il caldo eccessivo (al di sopra dei 30°C) può essere dannoso: può infatti causare crescita stentata, disidratazione e la comparsa di parassiti (come il ragnetto rosso). Se non possiamo porre rimedio un importante aiuto deriverà dall’aumento dell’umidità intorno alla pianta: vaporizziamone spesso le foglie e bagniamo il terreno circostante


Come tutte le epifite (cioè che vivono abbarbicate ai rami degli alberi, ricavandone acqua e nutrienti) necessita di una forte umidità ambientale che deve aumentare al crescere delle temperature.

In condizioni normali (da da 20 a 25°C) l’umidità minima deve essere intorno al 60%. Nel caso questa quota non fosse garantita possiamo agire in diverse maniere: in casa usiamo umidificatori elettrici o poniamo nelle vicinanze della pianta dei sottovasi pieni di acqua. Anche creare una zona con molte piante accostate una all’altra può essere utile.

Se abbiamo spostato i vasi all’esterno potremo bagnare più volte al giorno il pavimento o (meglio) scegliere un prato come superficie di appoggio.

Durante i mesi invernali l’azione riscaldante dei termosifoni secca notevolmente l’aria: applichiamoci sempre gli appositi umidificatori di ceramica.

In ogni stagione è sempre opportuno, più volte al giorno, vaporizzare le foglie con acqua demineralizzata o piovana. Facciamo particolare attenzione a non bagnare la zona del colletto, dove i liquidi ristagnano facilmente e possono causare la comparsa di marciumi


La quantità e la frequenza di somministrazione dei liquidi sono determinanti per mantenere vitali le nostre orchidee.

Innanzitutto è importante utilizzare solamente acqua demineralizzata (come quella in vendita per i ferri da stiro) o piovana. Le radici sono infatti particolarmente sensibili alla presenza di calcio e sodio: vi si possono formare dei cristalli che, col tempo, arrivano ad impedire completamente le loro attività.

Per regolarsi su quando sia meglio irrigare non c’è niente di meglio che osservare le radici (ideali sono quindi i vasi trasparenti in plastica): attendiamo che diventino completamente argentee. Possiamo poi scegliere se dare acqua versandola dall’alto o per immersione (riempiendo una bacinella d’acqua e ponendoci il vaso per circa 15 minuti).

La seconda opzione consente di idratare in maniera profonda sia le radici sia il substrato, senza bagnare la parte aerea: risulta quindi molto pratica, a patto di lasciare poi scolare per bene il contenitore.

Se decidiamo invece di versare il liquido dall’alto prestiamo attenzione a farlo in maniera uniforme e, soprattutto, evitiamo di inumidire il colletto.

Un’ottima alternativa naturale consiste nel porre la pianta all’esterno, nella bella stagione, all’arrivo di un forte temporale: il risultato sarà una phal reidratata e rinfrescata a fondo, oltre che lavata dalla polvere e residui domestici.


La concimazione, essendo il substrato completamente privo di nutrienti, è fondamentale per garantire il benessere e le future fioriture delle nostre orchidee. Questi prodotti si trovano comunemente in commercio, ma per chi voglia risultati straordinari è bene affidarsi a rivenditori specializzati in questo settore.

Una caratteristica da ricercare è la pressoché totale assenza di cloro (molto dannoso). Dalla primavera all’autunno scegliamo una formulazione in cui risulti prevalente l’azoto (per stimolare la crescita vegetativa); da novembre in avanti passiamo invece ad una che dia un maggior apporto di fosforo e soprattutto potassio, per favorire la comparsa di nuovi steli fiorali.


Le phalaenopsis coltivate in maniera ottimale riescono a fiorire due volte all’anno, anche se l’emissione naturale di nuovi steli avviene durante il periodo invernale.

Per favorirla, oltre alla corretta concimazione, è importante simulare un periodo di riposo, con conseguente abbassamento di temperature. Basilare è inoltre mantenere una forte differenza tra il giorno e la notte.

Ottimi risultati si ottengono tenendo il vaso in un ambiente in cui vi siano circa 16°C diurni e circa 12°C nella notte. Questo trattamento può durare da una settimana a 20 giorni. In seguito riporteremo l’esemplare nelle stanze abitate (a circa 20°C) e dovrebbe partire l’emissione dei nuovi steli.


Anche tra gli esperti non vi è accordo sull’opportunità di tagliare o preservare gli steli sfioriti. Si tratta in definitiva di una scelta personale: la pianta il più delle volte vi produce nuovi boccioli, ma saranno più piccoli e radi dei precedenti. Partendo invece "da capo" si avranno corolle più abbondanti e vistose.

Nel caso delle foglie abbiano subito dei danni (scottature solari, rosicchiate dalle lumache…) possiamo eliminarle tagliandole alla base con delle forbici pulite e disinfettate. Sulla "ferita" è sempre utile porre un po’ di cannella in polvere, potente agente cicatrizzante


Le phalaenopsis necessitano di un substrato il più possibile neutro ed inerte. Le formulazioni "per orchidee" che si trovano in commercio non sono adatte. La scelta deve invece ricadere su della corteccia di pino ("bark") appositamente predisposta. In alternativa va bene anche quella utilizzata per la pacciamatura dei giardini: va però sterilizzata e privata della resina bollendola a lungo e lasciandola poi asciugare completamente.

Altri ottimi materiali sono l’argilla espansa, il polistirolo (i "fagiolini" da imballaggio o spezzettando delle scatole), sfagno, gommapiuma.


Il rinvaso si effettua quando il substrato non ha più la compattezza iniziale (e non garantisce più la corretta aerazione alle radici) o alla comparsa di marciumi alle radici. Prima di estrarle bagniamole in profondità rendendole morbide.

Potremo poi controllarle e eventualmente tagliare quelle più vecchie e danneggiate. Lasciamole a bagno per circa 10 minuti con un prodotto specifico contro i marciumi (ad esempio fosetil-alluminio o propamocarb). Ricomponiamo il vaso ponendo sul fondo il substrato più grossolano e sfinandolo mano a mano (ciò garantisce un perfetto drenaggio). L’aggiunta di un po’ di cannella o carbone di legna può essere utile.

Lasciamo riposare circa 10 giorni prima di tornare ad irrigare.

Importante è, al momento dell’acquisto, osservare bene le radici e scegliere le piante completamente sane. Nel caso decidiamo di "adottare" piante in cattive condizioni, effettuiamo per prima cosa un rinvaso e un’attenta bonifica.